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Problemi dei musei sociali 1

Pubblicato il 31 . 01 . 2013

Aderendo al [dogma del momento][1], la Cinémathèque française fa uso dei social network per promuovere le sue attività. [La proiezione][2] di un film di Paul Verhoeven, Turks fruit è stata segnalata con un messaggio su FaceBook, evento banale dalle conseguenze inattese ed illuminanti.

La censura

Il messaggio è stato censurato per il carattere “pornografico” della fotografia, quella che segue.

In una stanza, una donna nuda, di profilo, si lascia cadere su un uomo sdraiato su un letto

Segue una lamentela ripetuta della chiusura di Facebook, su Twitter, con diffusione dell’immagine ([una][3], [due][4], [tre][5]). Censurare un istituzione culturale che promuove un’opera dello spirito è indubbiamente un gesto che oggi apparirebbe sicuramente inaccettabile se fosse compiuto da un politico, ed anche in altri casi, tanto che quando è avvenuto per [la pipa di Tati][6] e [la Venere di Cranach][7] è stato necessario un dietro front. Con Facebook, però, nessun cambiamento di rotta (nessuno in passato, nessuno da prevedere o sperare).

La censura, che segue ad un controllo effettuato molto verosimilmente da un programma, viene applicata a tutti gli utenti, ed è un punto ben noto delle regole del servizio. Nello scegliere Facebook, la Cinémathèque ha accettato di sottostare ad una censura permanente. Si spera tra l’altro che la scelta fosse consapevole e non frutto di ignoranza e leggerezza, come potrebbe fare credere leggere il messaggio di preoccupazione in vista [della mostra su Pasolini][8].

Il problema, tra l’altro, non è neppure Facebook, ma, [come osserva Tristan Nitot][9], il sistema che centralizza i contenuti e sottopone gli scambi e le interazioni ad una potenziale censura, sempre e comunque. Twitter non è il buono della situazione che perché più permissivo, ma ugualmente pericoloso, potenzialmente.

L’immagine

Se la Cinémathèque française riesce ad essere [una delle prime istituzioni culturali francesi sui Social Network][10], un altro aspetto sembra sfuggirle, quello relativo alla proprietà intellettuale.

Dopo avere elogiato Twitter, cosa direbbe la Cinémathèque se un domani tutte le immagini fornite al servizio fossero usate per delle pubblicità? Twitter, come anche Facebook, ha il diritto di fare un ampio uso di tutti i contenuti forniti, usandoli per scopi pubblicitari, rivendendo l’autorizzazione a terzi. E se un domani Paul Verhoeven scoprisse che un fotogramma di Turks fruit è stato usato in una pubblicità, che l’uso è legittimo perché acquistato da Twitter, e facesse causa alla Cinémathèque per avere fatto un uso indebito ed inappropriato della sua opera?

Se non fosse troppo ambizioso, si potrebbe sperare che, per la seconda volta, la Cinémathèque sia il punto di partenza di un sussulto sociale di grandi dimensioni.

[1]: http://storiedellarte.com/2013/01/quale-museo-per-i-social-network.html “” [2]: http://www.cinematheque.fr/fr/dans-salles/rendez-vous-reguliers/fiche-manifestation/turkish-delices-turks-fruit,14944.html “L’evento segnalato sul sito della Cinémathèque, in francese” [3]: https://twitter.com/cinemathequefr/status/295459959695605760 “La prima lamentela su Twitter, in francese, ed inglese” [4]: https://twitter.com/cinemathequefr/status/295600097482383361 “La seconda lamentela su Twitter, in francese” [5]: https://twitter.com/cinemathequefr/status/295622617736548353 “La terza lamentela su Twitter, in francese” [6]: http://passouline.blog.lemonde.fr/2009/04/13/tati-nom-dune-pipe/ “Resoconto in francese” [7]: http://www.artinfo.com/news/story/26912/nude-painting-will-be-allowed-on-london-tube/ “La conclusione del caso londinese, in inglese” [8]: https://twitter.com/cinemathequefr/status/295622617736548353 “Preoccupazione della Cinémathèque su Twitter, in francese” [9]: https://twitter.com/nitot/status/295603186440470528 “Osservazione in francese” [10]: http://easy-ebusiness.fr/webmarketing/reseaux-sociaux/infographie-les-musees-parisiens-sur-les-reseaux-sociaux/ “Secondo le semplicistiche logiche metriche del settore”